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NOVELLE ROMENE 35


L’ebreo corse nella bottega, prese la lampada e con un giro sicuro innalzò al massimo lo stoppino: la fiamma prigioniera nella grata uscì di sopra allegra e vittoriosa, ridando vita precisa alle forme nebulose che stavano intorno. Zibal passò con la lampada in mano nell’androne. Il brigante gemeva dolorosamente; dalla tensione del braccio si vedeva ch’egli aveva rinunziato ad un inutile sforzo. La mano era gonfia, e le dita curvate... come per afferrare qualche cosa.

L’ebreo avvicinò ad esso la lampada — un brivido — la febbre ritornava. Aveva portato il lume troppo vicino, dimodoché tremando aveva toccato col vetro caldo la mano del brigante: si produsse una increspatura violenta delle dita seguita da un gemito sordo.

Alla vista di questo fenomeno, Zibal si riscosse... ; attraverso i suoi occhi balenò un’ispirazione strana. Si mise a ridere di un riso che fece tremare la volta dell’androne, e poi entrò subito nella bottega.

Spuntava l’alba.

Sura si destò in sussulto... le sembrava d’avere inteso nel sonno dei ruggiti spaventevoli... Leiba non era nella stanza... le tornò in mente il giorno pas-