Pagina:Caro, Annibale – Opere italiane, Vol. I, 1912 – BEIC 1781382.djvu/106

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presupponendolo, in loco di «volare», avesse detto, per essempio, «galoppare», ch’è del cavallo, o in loco di «cantare», come dir, «ruggire», ch’è del lione; ma, dicendo che questo foco è d’una sorte e d’una temperatura che muove un uccello, e che questo uccello voli e canti, se vi par mal detto, tal sia del vostro parere. E questo basta per mostrarvi che le metafore sopradette non son viziose. Ora che direste voi, maestro Glottocrisio, se non solamente mancassero di vizio, ma da vantaggio fossero piene di molte virtú? Io ho promesso di farvelo vedere: ma ora mi par gran cosa che ’l veggiate voi, poiché, oltre al non aver arte, non avete anco né gusto, né sentimento alcuno delle cose di poesia, e non conoscete né gli andari, né le bellezze, né le forze sue. Pur si dirá, per quelli che intendono: che questo «foco» non può essere né piú artifiziosamente, né piú nobilmente derivato. E, cominciando dalla sua prima origine, forse che vien da mona Selce, e per congiungimento di ser Focile, come il naturale? Esce d’una «perla», e di che perla? «Viva, serena e preziosa». E congiunta con chi? Con «Febo», dio dello splendore, che «vive» (che non credeste che fosse il favoloso), che «regna» (che non pensaste che fosse quel bandito dal cielo); ed ha questo regno «per lei», accioché veggiate di quanta autoritá e potenza ella sia. Da questi due lumi uniti insieme, nasce lo «sfavillar» dell’uno e dell’altro: e dallo sfavillamento l’«ardore» e ’l «foco»; due si possenti figliuoli, e signori ambedue: questo spezialmente del Caro, e quello «d’ogni core», che viene ad esser monarca. Vedete se questa è genealogia che la metafora se ne debba vergognare; e se questo foco, per naturai che sia, per nome, è ben leggitimato per adozione. Vedete come «desiderio», che l’adotta, vien da leggitimae chiara linea ancor esso; come in questa adozione, per naturale attinenza, per legge, per arie e per la piú artifiziosa allegoria che si possa fare, l’uno e l’altro sono uniti e partecipi d’una medesima potestá, di fare ogni effetto in questa commune ereditá, non che questo di spingere a volare e cantare un uccello. Vedete poi come queste traslazioni tutte, oltre alla nobiltá che traggono di questo lor nascimento, oltre alla piacevolezza