Pagina:Caro, Annibale – Opere italiane, Vol. I, 1912 – BEIC 1781382.djvu/294

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de’ metellinesi, smontando ora a questa ed ora a quell’altra villa vicina al mare; percioché tutta quella riviera è doviziosa di porti, di edifici, di bagni e di piaceri assai, parte creativi dalla natura e parte aggiuntivi dall’arte, li quali tutti insieme fanno abitazioni commode e dilettevoli molto. E cosi navigando e pigliando porto, dovunque smontavano, non facendo né danno né oltraggio a persona, si davano a diverse sorti di piaceri, ora pescando a lenza, di sopra un sasso sporto in mare, ora mettendo i cani in terra e tendendo lungagnole alle lepri, che in quel tempo fuggivano i rumori delle vigne, e talora uccellando e ponendo lacciuoli all’oche salvatiche, all’anitre, alle gavine ed altri simili uccelli, talmente che col piacer medesimo il pranzo e la cena si procacciavano; e quando cosa alcuna mancava loro, se ne fornivano per quelle ville, spendendo assai piú che le cose non valevano, benché non faceva lor bisogno se non di pane, di vino e di alloggiamento. E per esser il tempo autunnale, non si assicurando del mare e temendo la notte di tempesta, tiravano il legno in terra. Ora avvenne che un contadino, mentre che vendemmiava, avendo bisogno di corda per un lastrone da soppressar la vinaccia, sendo quella che v’era prima tutta logora, se ne scese nascostamente al mare, e, trovato il legno senza guardia, ne sciolse il cavo, a che stava attaccato, e portandolosi se ne servi nel suo bisogno. La mattina i giovani metinnesi cercando e non si trovando chi involato l’avesse, né chi l’involator rivelasse, rammaricandosene con quelli che alloggiati gli avevano, se ne partirono. E poco men di quattro miglia navigando, si trovarono a veduta del paese, per onde il Dafni e la Cloe pasturavano; e parendo loro accommodato alla caccia delle lepri, presero spiaggia; e non avendo con che la barca attaccare, fecero una lunga ritortola di vincigli verdi ad uso di fune, e con quella dalla poppa nel lito ad un palo l’accomandarono. Questo fatto, posero i segugi in terra e le reti a’ passi, dove credevano che le fere avessero a capitare; ma i cani, sbarcati che furono, tosto ch’ebbero per la collina le capre di Dafni vedute, lasciato di cacciare, alla volta loro ne corsero, e, con molto squittire cacciandole e mordendole.