Pagina:Caro, Annibale – Opere italiane, Vol. I, 1912 – BEIC 1781382.djvu/312

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assiderato e disperato di vederla, come se quelli suoi uccelli poco felice augurio gli facessero, prese ardimento di voler sotto qualche scusa entrare in casa, e cercava fra se stesso di che dire, che piú facilmente si credesse. — Son venuto per del foco. — Non avevi tu piú presso vicinato che ’l nostro? — Son venuto per del pane. — Oh, la tua tasca è piena! — Ho bisogno di vino. — Voi ne riponeste pure assai. — Fuggiva un lupo, che mi veniva dietro. — E dove son le pedate del lupo? — Son venuto per uccellare. — Uccellato che tu hai, perché non te ne torni? — Voglio veder la Cloe. — E chi direbbe mai questo al padre ed alla madre di lei? E fanciul nessuno non ci capita. Ma nulla di queste cose posso fare senza dar sospetto. Che farò dunque? Starommi cheto per lo migliore, e vedrò poi la Cloe a primavera, posciaché la mia sventura non vuole che questo inverno io la veggia. — Queste e simili cose fra se medesimo bisticciando, e raunando gii uccelli ch’avea presi, giá si metteva per via d’andarsene, quando avvenne (quasi fatto Amor di lui compassionevole) che, dentro da Driante pranzandosi, e data a ciascuno la sua parte della carne, mentre che si metteva il pane e si mesceva a bere, un mastino guardian di pecore, vedendo che Driante baloccava altrove, li levò il suo pezzo dinanzi e fuggissene fuori. Driante, crucciato (percioché gli era la sua parte), con un randello in mano gli corse dietro per Torme, anch’egli come un cane; e, giunto vicino all’ellera, vide Dafni, che giá s’accollava la caccia per andarsene. E vistolo, per allegrezza, e del cane e della carne dimenticatosi, gli si fece avanti con grandissime accoglienze: — O Dafni — gridando, — come sei tu qua? Che vai tu quinci oltre facendo? Tu sia il ben giunto, figliuol mio;—ed abbracciatolo e baciatolo piú volte, lo condusse per mano in casa. E, visti e salutati che si furono, di nuovo in terra s’assisero; ma ’l farsi motto e ’l baciarsi gli puntellaron tanto, che in quel mentre pur stettero in piedi. Dafni, fuor d’ogni sua speranza veduta e baciata ch’ebbe la Cloe, s’assise a canto al foco, e, rovesciati sopra il desco tutti gli uccelli che avea presi, cominciò a raccontar loro come per fuggir la noia di star racchiuso e per non marcir nell’ozio, era venuto per uccellare, come gli uccelli eran quivi