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Castelvetro — Opposizion VII

«Giace quasi gran conca». Il letto della Francia non è piú basso dell’onde de’ mari. Non è fra due monti, se non men che propriamente parlando. Laonde si vede quanto vanamente sia detto «conca». Ora bisognava aiutar questa traslazione, col simigliarla alla conca marina di Venere a a quella delle perle.

Predella

Dovete avere inteso che la poesia non va con l’archipenzolo o con la squadra a punto, ma con Piperboli, con le similitudini, con le metafore, e con certe altre figure che non son di matematica, e con certi numeri fuor dell’un vie uno. Ma, poiché pure il matematico e ’l cosmografo volete fare, almeno ne sapeste voi tanto, che bastasse a non vituperarvi. Voi dite che «’l letto della Francia non è piú basso dell’onde de’ mari». A che proposito fate voi questa opposizione, se ’l Caro non dice e non presuppone altramente? Come cavate voi dalle sue parole che egli sia di contraria openione? Come intendete che stia questa sua conca? che l’acqua la soprafaccia, o ch’ella stia sopra l’acqua? Quanto a lui, egli tiene che stia sopra, come sta veramente; e voi pensate ch’egli creda che stia piú bassa. O perché, senza che lo dica, v’imaginate che egli se la imagini piú tosto come non è possibile che stia, che come può stare, e come è ragionevole che la paia? Egli l’ha figurata che sia posta infra l’un mare e l’altro. Questo «infra», secondo me, non vuol dire che stia sotto, ma che dagli due lati sia circondata e confinata da loro. Figuratevela in questo modo ancor voi, e non andrete abbacando per far dire a lui quel che non dice, né dicendo voi le cosacce che dite. Una conca non può ella star sopra l’acqua a galla? O con questa similitudine pensate che stia la Gallia fra i due mari, e vedrete che quel, che ’l Caro dice, non riceve la contradizione che voi gli fate.