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2 | dedica dell'autore |
fa menzione nel proemio dell’ultimo, morto è il medesimo messer
Alfonso Ariostod4, a cui il libro è indrizzato; giovane affabile, discreto,
pieno di soavissimi costumi, ed atto ad ogni cosa conveniente
ad uomo di corte. Medesimamente il duca Juliano de’ Medici, la
cui bontà e nobil cortesia meritava più lungamente dal mondo esser
goduta. Messer Bernardo, cardinal di Santa Maria in Portico, il quale
per una acuta e piacevole prontezza d’ingegno fu gratissimo a qualunque
lo conobbe, pur è morto. Morto è il signor Ottavian Fregoso,
uomo a’ nostri tempi rarissimo; magnanimo, religioso, pien di
bontà, d’ingegno, prudenza e cortesia, e veramente amico d’onore
e di virtù, e tanto degno di laude, che li medesimi inimici suoi furono
sempre costretti a laudarlo; e quelle disgrazie che esso costantissimamente
sopportò, ben furono bastanti a far fede che la
fortuna, come sempre fu, così è ancor oggidì contraria alla virtù.
Morti sono ancor molti altri dei nominati nel libro, ai quali parea
che la natura promettesse lunghissima vita. Ma quello che senza
lacrime raccontar non si devria, è che la signora Duchessa essa ancor
è morta; e se l’animo mio si turba per la perdita di tanti
amici e signori miei, che m’hanno lasciato in questa vita come in
una solitudine piena d’affanni, ragion è che molto più acerbamente
senta il dolore della morte della signora Duchessa, che di tutti gli
altri, perchè essa molto più che tutti gli altri valeva, ed io ad essa
molto più che a tutti gli altri era tenuto. Per non tardare adunque
a pagar quello che io debbo alla memoria di così eccellente signora,
e degli altri che più non vivono, indotto ancora dal pericolo del
libro, hollo fatto imprimere e publicare tale qual dalla brevità del
tempo m’è stato concesso. E perchè voi nè della signora Duchessa
nè degli altri che son morti, fuor che del duca Juliano e del Cardinal
di Santa Maria in Portico, aveste notizia in vita loro, acciò che, per
quanto io posso, l’abbiate dopo la morte, mandovi questo libro,
come un ritratto di pittura della corte d’Urbino, non di mano di
Rafaello o Michel Angelo, ma di pittor ignobile, e che solamente
sappia tirare le linee principali, senza adornar la verità di vaghi colori,
o far parer per arte di prospettiva quello chè non è. E come
ch’io mi sia sforzato di dimostrar coi ragionamenti le proprietà e
condizioni di quelli che vi sono nominati, confesso non avere non
che espresso ma nè anco accennato le virtù della signora Duchessa;
perchè non solo il mio stile non è sufficiente ad esprimerle, ma pur
l’intelletto ad imaginarle: e se circa questo o altra cosa degna di
riprensione (come ben so che nel libro molte non mancano) sarò
ripreso, non contradirò alla verità.
Ma perchè talor gli uomini tanto si dilettano di riprendere, che