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nare, e che quella vista graziosa sia come l’esca nascosa sotto l’amo. — Allora messer Pietro Bembo, Non crediate, disse, che la bellezza non sia sempre buona. — Quivi il conte Ludovico, per ritornar esso ancor al primo proposito, interruppe e disse: Poichè ’l signor Morello non si cura di saper quello che tanto gl’importa, insegnatelo a me, e mostratemi come acquistino i vecchi questa felicità d’amore, che non mi curerò io di farmi tener vecchio, pur che mi giovi. —

LVII. Rise messer Pietro, e disse: Io voglio prima levar dell’animo di questi signori l’error loro; poi a voi ancora satisfarò. — Così ricominciando, Signori, disse, io non vorrei che col dir mal della bellezza, che è cosa sacra, fosse alcun di noi che come profano e sacrilego incorresse nell’ira di Dio: però, acciò che ’l signor Morello e messer Federico siano ammoniti, e non perdano, come Stesicoro44, la vista, che è pena convenientissima a chi disprezza la bellezza, dico che da Dio nasce la bellezza, ed è come circolo, di cui la bontà è il centro45; e però come non può esser circolo senza centro, non può esser bellezza senza bontà: onde rare volte mala anima46 abita bel corpo, e perciò la bellezza estrinseca è vero segno della bontà intrinseca, e nei corpi è impressa quella grazia più e meno quasi per un carattere dell’anima, per lo quale essa estrinsecamente è conosciuta, come negli alberi, ne’ quali la bellezza de’ fiori47 fa testimonio della bontà dei frutti; e questo medesimo interviene nei corpi, come si vede che i Fisionomi al volto conoscono spesso i costumi e talora i pensieri degli uomini; e, che è più, nelle bestie si comprende ancor allo aspetto la qualità dell’animo, il quale nel corpo esprime sè stesso più che può. Pensate come chiaramente nella faccia del leone, del cavallo, dell’aquila si conosce l’ira, la ferocità e la superbia; negli agnelli e nelle colombe una pura e semplice innocenza; la malizia astuta nelle volpi e nei lupi, e così quasi di tutti gli altri animali.

LVIII. I brutti adunque per lo più sono ancor mali, e li belli buoni: e dir si può che la bellezza sia la faccia piacevole, allegra, grata e desiderabile del bene; e la bruttezza, la faccia oscura, molesta, dispiacevole e trista del male48; e se considerate tutte le cose, trovarete che sempre quelle che