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del popolo di non dover esser da quella ingannati. Vedete adunque come il mostrar l’arte, ed un così intento studio, levî la grazia d’ogni cosa. Qual di voi è che non rida, quando il nostro messer Pierpaolo danza alla foggia sua, con que’ saltetti e gambe stirate in punta di piede, senza mover la testa, come se tutto fosse un legno, con tanta attenzione, che di certo pare che vada numerando i passi? Qual occhio è così cieco, che non vegga in questo la disgrazia della affettazione? e la grazia in molti uomini e donne che sono qui presenti, di quella sprezzata disinvoltura (chè nei movimenti del corpo molti così la chiamano), con un parlar o ridere o adattarsi, mostrando non estimar e pensar più ad ogni altra cosa che a quello, per far credere a chi vede quasi di non saper nè poter errare?

XXVII. Quivi non aspettando, messer Bernardo Bibiena disse: Eccovi che messer Roberto nostro ha pur trovato chi lauderà la foggia del suo danzare, poichè tutti voi altri pare che non ne facciate caso; chè se questa eccellenza consiste nella sprezzatura, e mostrar di non estimare, e pensar più ad ogni altra cosa che a quello che si fa, messer Roberto nel danzare non ha pari al mondo; chè per mostrar ben di non pensarvi, si lascia cader la roba spesso dalle spalle e le pantoffole de’ piedi, e senza raccôrre nè l’uno nè l’altro, tuttavia danza. — Rispose allor il Conte: Poichè voi volete pur ch’io dica, dirò ancor de’ vizii nostri. Non v’accorgete che questo, che voi in messer Roberto chiamate sprezzatura, è vera affettazione? perchè chiaramente si conosce che esso si sforza con ogni studio mostrar di non pensarvi: e questo è il pensarvi troppo; e perchè passa certi termini di mediocrità, quella sprezzatura è affettata e sta male; ed è una cosa che appunto riesce al contrario del suo presupposito, cioè di nasconder l’arte. Però non estimo io che minor vizio della affettazion sia nella sprezzatura, la quale in sè è laudevole, lasciarsi cadere i panni da dosso, che nella attillatura, che pur medesimamente da sè è laudevole, il portar il capo così fermo per paura di non guastarsi la zazzera, o tener nel fondo della berretta il specchio, e ’l pettine nella manica, ed aver sempre drieto il paggio per le strade con la sponga e la scopet-