Pagina:Caterina da Siena – Libro della divina dottrina, 1912 – BEIC 1785736.djvu/148

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Alora ingrassa l’anima nelle vere e reali virtú, e tanto rigonfia per l’abbondanzia del cibo, che ’l vestimento della propria sensualitá (cioè del corpo, che ricuopre l’anima), criepa quanto a l’appetito sensitivo. Colui che criepa, muore. Cosi la volontá sensitiva rimane morta. Questo è perché la volontá ordinata de l’anima è viva in me, vestita de l’etterna volontá mia, e però è morta la sensitiva.

Or questo fa l’anima che in veritá è gionta al terzo scalone della bocca, e il segno che ella v’è gionta è questo: che ella ha morta la propria volontá quando gustò l’affecto della caritá mia.

E però trovò pace e quiete ne l’anima sua nella bocca. Sai che nella bocca si dá la pace. Cosi in questo terzo stato truova la pace per si facto modo che neuno è che la possa turbare, perché ha perduta e annegata la sua propria volontá, la quale volontá dá pace e quiete quando ella è morta.

Questi parturiscono le virtú senza pena sopra del proximo loro: non che le pene non siano pene in loro, ma non è pena a la volontá morta, però che volontariamente sostiene pena per lo nome mio. Questi corrono, senza negligenzia, per la doctrina di Cristo crocifixo, e non allentano l’andare per ingiuria che lo’ sia facta né per alcuna persecuzione né per dilecto che trovassero; cioè dilecto che il mondo lo’ volesse dare. Ma tucte queste cose trapassano con vera fortezza e perseveranzia, vestito l’affecto loro de l’affecto della caritá, gustando el cibo della salute de l’anime con vera e perfecta pazienzia. La quale pazienzia è uno segno demostrativo, che mostra che l’anima ami perfectissimamente e senza alcuno rispecto. Però che, se ella amasse me e il proximo per propria utilitá, sarebbe impaziente e allentarebbe ne l’andare. Ma perché essi amano me per me, in quanto Io so’ somma bontá e degno d’essere amato, e loro amano per me e ’l proximo per me, per rendere loda e gloria al nome mio, però sonno pazienti e forti a sostenere e perseveranti.