Pagina:Caterina da Siena – Libro della divina dottrina, 1912 – BEIC 1785736.djvu/183

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CAPITOLO XCIII

Del fructo de le lagrime degli uomini mondani.

— Restoti a dire del fructo che dá la lagrima gictata con desiderio, e quello che adopera ne l’anima. Ma prima ti cominciare) della quinta, della quale al principio ti feci menzione, cioè di coloro che miserabilmente vivono nel mondo, facendosi Dio delle creature e delle cose create e della loro propria sensualitá, unde vi viene ogni danno de l’anima e del corpo. Io ti dixi che ogni lagrima procedeva dal cuore, e cosi è la veritá, perché tanto si duole il cuore quanto egli ama. Gli uomini del mondo piangono quando el cuore sente dolore, cioè quando è privato di quella cosa che egli amava. Ma molto sonno diversi e’ pianti loro: sai quanto? quanto è differente e diverso l’amore. E perché la radice è corrocta del proprio amore sensitivo, ogni cosa n’esce corrocta. Egli è uno arbore che non germina altro che fructi di morte, fiori putridi, foglie macchiate, rami inchinati infino a terra, percossi da diversi venti: questo è l’arbore de l’anima. Perché tucti séte arbori d’amore, e però senza amore non potete vivere, perché séte facti da me per amore. L’anima che virtuosamente vive pone la radice de l’arbore suo nella valle della vera umilitá: ma questi che miserabilmente vivono l’hanno posta nel monte della superbia; unde, perché egli è mal piantato, non produce fructo di vita, ma di morte. E’ fructi sonno le loro operazioni, e’ quali sonno tucti avelenati di molti e diversi peccati : e se veruno fructo di buona operazione essi fanno, perché è corrocta la radice, ogni cosa n’esce guasto; cioè che l’anima che è in peccato

mortale, neuna buona operazione che faccia, le vale a vita et

terna, perché non sonno facte in grazia. Benché non debba lassare però la buona operazione, perché ogni bene è remunerato e ogni colpa punita. El bene che è facto fuore della grazia non è sufficiente né gli vale a vita etterna, come decto