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LIBRO DELLA DIVINA DOTTRINA

Queste sonno le virtú, e molte altre, le quali non potresti narrare, che si parturiscono nella dileczione del proximo. Perché l’ho poste tanto differenti che Io non ho dato tucto a uno, anco a cui ne do una, e a cui ne do un’altra particulare? poniamo che una non ne possa avere che tucte non l’abbi, perché tucte le virtú sono legate insieme. Ma dolle molte, quasi come per capo di tucte l’altre virtú; cioè che a cui darò principalmente la caritá, e a cui la giustizia, e a cui l’umilitá, e a cui una fede viva; ad altri una prudenzia, una temperanzia, una pazienzia; ad altri una fortezza. Queste e molte altre darò ne l’anima differentemente a molte creature: poniamo che l’una di queste sia posta per uno principale obiecto di virtú ne l’anima, disponendosi piú a conversazione principale con essa che con l’altre; e per questo affecto di questa virtú trae a sé tucte l’altre virtú, ché (come decto è) elle sono tucte legate insieme ne l’affecto della caritá.

E cosi molti doni e grazie di virtú e d’altro, spiritualmente e corporalmente (corporalmente dico per le cose necessarie per la vita de l’uomo), tucte l’ho date in tanta differenzia che non l’ho poste tucte in uno, perché abbi materia, per forza, d’usare la caritá l’uno con l’altro. Ché ben potevo fare gli uomini dotati di ciò che bisogna e secondo il corpo e secondo l’anima; ma Io volsi che l’uno avesse bisogno de l’altro, e fussero miei ministri a ministrare le grazie e i doni che hanno ricevuti da me. Ché voglia l’uomo o no, non può fare che per forza non usi l’acto della caritá. È vero che, se ella non è facta e donata per amore di me, quello acto non gli vale quanto a grazia.

Si che vedi che acciò che essi usassero la virtú della caritá, Io gli ho facti miei ministri e posti in diversi stati e variati gradi. Questo vi mostra che nella Casa mia ha molte mansioni, e che Io non voglio altro che amore. Però che ne l’amore di me compie l’amore del proximo; compito l’amore del proximo, ha observata la legge: ciò che può fare d’utilitá, secondo lo stato suo, colui che è legato in questa dileczione, si el fa.