Pagina:Caterina da Siena – Libro della divina dottrina, 1912 – BEIC 1785736.djvu/246

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sancta Chiesa per vostra guardia, acciò che voi, ciechi, abbiate guida che vi dirizzi nella via della veritá, dandovi le buone spirazioni, con orazioni ed exemplo di vita e doctrina, come decto è.

Con quanta umilitá governavano e conversavano co’ subditi loro! Con quanta speranza e fede viva che non curavano né temevano che a loro né a’ subditi loro venisse meno la substanzia temporale; e però con larghezza distribuivano a’ poveri la substanzia della sancta Chiesa ! Unde essi observavano a pieno quello che erano tenuti e obligati di fare, cioè di distribuire la substanzia temporale, a la loro necessitá, a’ poveri e nella sancta Chiesa. Essi non facevano diposito, e doppo la morte loro non rimaneva la molta pecunia: anco erano alcuni che, per li poveri, lassavano la Chiesa in debito. Questo era per la larghezza della loro caritá e della speranza che avevano posta nella providenzia mia. Erano privati del timore servile, e però non temevano che alcuna cosa lo’ venisse meno, né spirituale né temporale.

Questo è il segno che la creatura spera in me e non in sé: cioè quando ella non teme di timore servile. Ma coloro che sperano in loro medesimi sonno quegli che temono e hanno paura de l’ombra loro, e dubbitano che non lo’ venga meno el cielo e la terra. Con questo timore e perversa speranza che pongono nel loro poco sapere, pigliano tanta miserabile sollicitudine in acquistare e in conservare le cose temporali, che pare che le spirituali si pongano doppo le spalle, e non si truova chi se ne curi.

Ma e’ non pensano, e’ miserabili, infedeli e superbi, che Io so’ solo Colui che proveggo in tucte quante le cose che sono di necessitá a l’anima e al corpo; benché con quella misura che voi sperate in me, con quella vi sará misurata la providenzia mia. E’ miserabili presumptuosi non raguardano che Io so’ Colui che so’, ed essi sonno quegli che non sono: l’essere loro hanno ricevuto da la mia bontá e ogni grazia che è posta sopra l’essere. E però invano si può colui reputare affadigarsi che guarda la cittá, se ella non è guardata da me. Vana sará ogni sua fadiga, se egli per sua fadiga la crede guardare o per sua sollicitudine: però che solo Io la guardo. È vero che l’essere e le