Pagina:Caterina da Siena – Libro della divina dottrina, 1928 – BEIC 1786681.djvu/162

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difetto suo), fondato nella mia cai’itá, si vesti della dottrina di Cristo crucifísso. E strin,selo per si fatto modo, siccome esso ti manifestò, che giamai no gli fu tratto di dosso: né per tentazione di demonia, né per lo stimolo della carne che spesse volte lo impugnava (lassato ad lui dalla mia bontá per crescerlo in grazia e in merito, e per umiliazione, però che egli avea gustata l’altezza della Trinitá); neanche per tribolazioni, né per veruna cosa che gli avenisse, allentava el vestimento di Cristo cruciiísso, cioè la perseveranzia della dottrina sua, anche, piú strettamente se lo incarnava. E tanto sello strinse, che egli ne die’ la vita, e con esso vestimento ritornò ad me, Dio eterno.

Sicché Paulo avea provato che co,sa era gustare me senza la gravezza ed corpo, facendogliele Io gustare per sentimento d’unione, ma non per separazione.

Adunque, poi che fu ritornalo ad sé, vestito del vestimento di Cristo crocifisso, alla perfezione dell’amore che in me aveva gustata e veduta e che i santi gustano separati dal corpo, gli pareva, el suo, imperfetto. E però gli pareva che la gravezza del corpo gli ribellasse, cioè che gl’ impedisse la grande perfezione della sazietá del desiderio, che riceve l’anima doppo la morte. Onde la memoria gli pareva imperfetta e debole, come ella è, per la quale debilezza e imperfezione gl’ impediva di potere ritenere ed essere capace e ricevere e gustare me in veritá con quella perfezione che mi ricevono i santi. E però gli pareva che ogni cosa, mentre che stava nel corpo suo, gli fusse una legge perversa che impugnasse e ribellasse contro allo spirito. Non di impugnazione di peccato, però che giá ti dissi che Io el certificai dicendo: — Paulo, bastiti la grazia mia; — ma di impugnazione che faceva di impedire la perfezione dello spirito, cioè di vedere me nell’essenzia mia, el quale vedere era impedito dalla legge e gravezza del corpo. E però gridava : — Disaventurato uomo, chi mi dissolverebbe dal corpo mio? ché io ho una legge perversa, legata nelle membra mie, che impugna contro allo spirito. — E cosi è la veritá : però che la memoria è impugnata dalla imperfezione corporale; lo intelletto è impedito e legato, per questa grossezza del corpo, di non vedere me come