Pagina:Caterina da Siena – Libro della divina dottrina, 1928 – BEIC 1786681.djvu/377

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governatore, hotti mostrato il luogo, dicendoti della sua perfezione. Ora ti parlarò dell’obbedienzia e disobbedienzia di quegli che sono in questa navicella, parlandoti insieme di tutti, e non in particulare: cioè non parlandoti piú d’uno ordine che d’uri altro, mostrando insiememente il difetto del disobbediente con la virtú dell’obbediente, acciò che meglio cognosca l’uno per l’altro, e come debba andare, cioè in che modo, colui che va ad intrare nella navicella dell’ordine.

Come debba andare colui che vuole intrare alla perfetta obbedienzia particulare? Col lume della santissima fede, col quale lume cognosca che gli conviene uccidere la propria volontá col coltello dell’odio d’ogni propria passione sensitiva, pigliando la .sposa che gli dará la caritá e la sorella. La sposa, dico, della vera e pronta obbedienzia con la sorella della pazienzia e con la nutrice dell’umilitá; ché, se egli non avesse questa nutrice, l’obbedienzia perirebbe di fame, perché nell’anima, dove non è questa virtú piccola dell’umilitá, l’obbedienzia vi muore di subbito.

La umilitá non è sola, ma ha la serva della viltá e spregio del mondo e di sé, che fa l’anima tenere vile: non appetisce onori, ma vergogne. Cosi morto debba andare alla navicella dell’ordine quello che è in etá da ciò; ma, per qualunque modo egli v’entra (perché ti dissi che in diversi modi Io gli chiamavo), egli debba acquistare e conservare in sé questa perfezione: pigliare largamente e festinamente la chiave dell’obbedienzia dell’ordine. La quale chiave diserra lo sportello che è nella porta del cielo, si come la porta che ha lo sportello. Cosi questi cotali hanno preso a diserrare lo sportello, passando dalla chiave grossa dell’obbedienzia generale che diserra la porta del cielo, si coni’ Io ti dissi. In questa porta hanno presa una chiave sottile, passando per lo sportello basso e stretto. Non è separato però dalla porta: anco è nella porta, si come materialmente tu vedi. Questa chiave la debbono tenere, poi che essi l’hanno presa, e non gittarla da loro.

E perché i veri obbedienti hanno veduto, col lume della fede, che col carico delle ricchezze e col peso della loro volontá