Pagina:Caterina da Siena - Epistole, 1.djvu/239

Da Wikisource.

201

201 questo dolce maestro suo. E come i ha veduta per voluntà e de.siderio che egli ha di seguitare il maestro, subito corre con sollecitudine e senza negligenzia: non sta a voltare il capo in dreto, cior a vedere sè me-.

desimo; vede bene sè col conoscimento de’ peccati e difetti suoi, e confessa sè per sè non essere, e conosce in sè la smisurata bontà di Dio, che gli ha dato ogni essere; ed a questo conoscimento si debbe sempre rivoltare e stare; ma dico che non si volti; nt’si debba voltare a vedere sè, per amore proprio o dilettazione, nè per piacimento di veruna creatura. Dico — ehe l’anima che è illuminata dal vero lume, a questo non si volge, ma poiché ha veduto sè e trovata la bontà di Dio, allora si dà per la via, cioè per tutte quelle vie e modi che tenne il dolce Jesù, e li santi che’l seguirono. Ponsi Jesù per obietto suo. ed è tanto il desiderio e 1’ amore che ha di tenere la via dritta per giungere al suo obietto, fine dolce suo, che, perchè trovi spine, e triboli e ladri che’l volessero robare, non cura, nè teme di cavelle, nè per veruna cosa che trovi, vuole tornare in dietro; perocché l’amore gli ha tolto il timore servile di paura, e va dietro alle pedate di coloro che seguitano Cristo; e vede bene e conosce che essi furono uomini nati come elli, pasciuti e notricati come esso, e quella benignità e larghezza di Dio trova ora che era allora. Or di questo vero lume e conoscimento, desidera l’anima mia, che voi, pastore e padre mio, siate ripieno con abbondantissimo fuoco d’amore, sicché nè diletti, nè piacimenti, nè stato, nè onore del mondo vi possano offuscare questo lume, nè spine, nè triboli, nè ladro veruno vi possa impedire il corso di questa dolce via, ma sempre ci specchiamo nel Verbo incarnato unigenito figliuolo di Dio, il quale fu a noi via e regola, che osservandola sempre ci dà vita. Oimè, padre, non — voglio che sia tentazione o illusione di dimonio che

impedisca, che sono posti come spine per impedire il nostro andare: non sia il tribolo della carne nostra,