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Annotazioni alla Lettera 68.


(A) Nelle antiche impressioni era errato il nome di questo abbate, essendo appellato messer Mariano in luogo di don Martino. Ma l’abbaglio si è tolto coll’autorità del testo a penna, onde la lettera è indirizzata all’abbate medesimo, che ebbe la lettera precedente a questa.

(B) Sapete che in prima erano sì agre, che niuna virtù ci conduceva a porto di vita. Agre sottintendi le virtù: agro è aggiunto di sapore contrario a dolce, e dicesi propriamente di frutta acide od immature. Pare che la santa voglia significare come prima della venuta di Cristo, niuna virtù fosse tale da potere recare l’uomo a porto di vita, a salute, quasi in vigore di quello stato, e attendendo le opere della pura Legge; nel qual senso la proposizione è sanissima, ed a disteso disaminata ed approvata dal dottore Angelico. (Part. 2, quest. 98, art. 1.)

(C) Voi mi mandaste a me, venerabile padre, la croce. Questa croce ch’ebbe in tanto pregio la santa, era forse del legno di quel faggio miracoloso che verdeggia anche al presente a Vallombrosa. Narra l’autore della leggenda di s. Gio. Gualberto, come sopra la picciola capanna fabbricata per sua prima abitazione dal santo, un alto e grosso faggio, contra l’ordine naturale, e buona pezza innanzi agli altri, a verdeggiare e fiorire, miracolosamente cominciasse; ritenendosi pure le verdi sue foglie molti giorni poi, quando gli altri di quell’intorno erane affatto spogliati, continuando anche a’ tempi nostri il suo prodigioso verdeggiare e fiorire fuori di stagione. De’ rami di questo albero hanno in costume questi buoni religiosi di formare delle croci che distribuiscono per dare fomento maggiore all’altrui pietà.