Pagina:Caterina da Siena - Epistole, 2.djvu/59

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finì, nè finisce mai questo dolce fuoco; perocché se finisse l’affetto suo in noi verremmo meno, perocché finirebbe quello che ci die’l’essere, che solo il fuoco dell’amore il mosse a trarre noi di sè. Anco pare che provvedesse la inestimabile carità di Dio alla fragilità e miseria dell’uomo; perocché essendo sempre atto e«l inchinevole ad offendere il suo creatore Dio, provide a conservarlo la medicina contra la sua in firmi là.

II. La medicina contra le infirmitadi nostre, non è altro che esso fuoco d’amore, il quale amore è amore, che non è mai spento da te: questo riceve 1’ anima per medicina, quando raguarda in sè piantato il gonfalone delia santissima croce, perocché noi fummo quella pietra dove fu fìtta, e che tenne questa croce, perocché nò chiovo, nè legno era sufficiente a tenere questo dolce Agnello immacolato, se 1 amore e l’affetto non l’avesse tenuto. Quando dunque l’anima raguarda tanto dolce e cara medicina, non die’ cadere in negli„enzia, ma debbasi levare con 1’ affetto e col desiderio suo, e distendere le mani con uno odio e dispiacimento di sè medesimo; e fare come fa l’infermo che odia la infirmila ed ama la medicina che gli è data per lo medico. III.

O figliuolo e padre in Cristo Jesù, levianci col fuoco dell’ardentissimo amore, con odio e profonda umiltà, conoscendo noi non essere, e ponendo le infirmitadi nostre dinanzi al medico Cristo Jesù: distendasi la mano vostra a ricevere l’amare medicine che sono date a noi: queste sono l’amaritudini che spesse volte l’uomo riceve, cioè molte tenebre, e tentazioni, e confusione di mente, o altre tribolazioni che venissero di fuore, le quali allora mollo ci pajono amare, ma se faremo come il savio infermo, saranno a noi di grandissima dolcezza, cioè che noi raguardiamo all’affetto del dolce Jesù che ce le dà, vedendo che noi fa per odio, ma per singolare amore, perocché non può volere altro che la nostra santificazione. Veduta la sua bontà, e noi vediamo poi la nostra necessità, peroci