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L’opera di Wagner 173


Centinaia di volte comincia alcunchè di musicale; ma questi cominciamenti sono così brevi, così ingombri di complicazioni d’armonia e di metallo, così carichi d’effetti di contrasto, così oscuri e troncati tanto bruscamente, e ciò che accade sulla scena è d’una falsità così inverosimile, che si stenta a percepire codesti embrioni musicali, e tanto meno a sentirsene commossi. E sopra tutto, dal principio alla fine, in ogni nota, è così, direi, palpabile l’intenzione dell’autore che non vediamo o udiamo nè Siegfried nè gli uccelli, ma solamente un tedesco dalle idee ristrette, un tedesco privo di gusto e di stile, che, essendosi formato un concetto grossolano della poesia, s’adopera a trasmetterci il suo concetto coi mezzi più grossolani e più primitivi.

Si sa che sentimento di diffidenza e di resistenza soglia destarsi in presenza d’un lavoro che riveli con troppa evidenza un partito preso dall’autore. Basta che un novelliere ci dica prima: “preparatevi a piangere o a ridere!„ perchè siamo certi di non piangere e di non ridere. Ma quando vediamo che un autore ci impone di commuoverci per cosa che non è punto commovente, ma anzi ridicola o ripugnante, e quando vediamo per