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124 | Chi l’ha detto? | [422] |
Seicento fino all’Arcadia (Firenze, 1909; ved. a pag. XLIV, 123, 408), la quale pubblica anche (a pag. 123) un’altra canzonetta, anteriore al 1612 e intitolata La Mamma Cantatrice. Alla Modonesa, che finisce:
Più tardi V. Errante, studiando nell’Archivio Storico Lombardo, 1915, vol. XLII, disp. Iª, pag. 15-114, la tradizione dell’origine di questo motto nelle vicende della terza spedizione del duca Vincenzo Gonzaga alla guerra di Ungheria contro i Turchi (1601), la dimostrò insussistente, non essendo vera la presunta prigionia del duca in un laberinto costruito dai Turchi dopo la disfatta del 1601: e ritiene invece attendibile la fonte additata dalla Levi. Quanto al laberinto del soffitto mantovano, uno storico del tempo afferma ch’esso riproduceva il laberinto disegnato dal Gabriele Bertazzoli nei giardini del duca: e il duca volle ch’esso fosse il corpo della impresa da lui assunta e che ebbe per anima il motto Forse che sì ecc.
Ma nello stesso fasc. dell’A. S. L., a pag. 238, Francesco Novati non crede esatta l’asserzione della Levi e dell’Errante che le origini del motto siano da cercarsi nelle frottole del Cara: poichè il motto medesimo si trova già in una serie di Proverbi toscani del sec. XIV pubblicati da esso Novati nel Giorn. Stor. della Lett. Ital., vol. XVIII, 1891, pag. 115 sopra un codice dell’Universitaria di Bologna. In questa interessantissima fra le più antiche sillogi proverbiali italiane, il motto si presenta in questa forma:
Si tratta dunque, non del primo verso di una canzone popolare diventata famosa, ma di un proverbio che correva sulle bocche di tutti sin dal sec. XIV.
Inoltre anche le buone intenzioni conviene usarle a tempo, e se tardi ti risolvi, non sempre la fortuna ti mostrerà il medesimo viso. Ricordati della favola I due susini di Luigi Fiacchi, detto il Clasio, e della sua morale:
422. Potea, non volle, or che vorrìa, non puote.