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180 Chi l’ha detto? [601-604]

601.   Dilexi justitiam, et odivi iniquitatem, propterea morior in exilio.1

Vedi, tra le altre fonti, le Vite dei pontefici in seguito a quelle di Anastasio Bibliotecario, scritte dal card. Nicolò d’Aragona nei Rerum Italicarum Scriptores del Muratori, tom. III, p. 348, cap. CX, ove si aggiunge: «Quod contra quidam Venerabilis Episcopus respondisse narratur: Non potes, Domine, mori in exilio, qui in vice Christi et Apostolorum ejus divinitus accepisti gentes haereditatem, et possessionem terminos terrae.» Si veda pure il Chronicon di Ottone di Frisinga nei Monum. Germ. hist., vol. XX, p. 247.

Altra sentenza biblica è questa che loda l’unione della giustizia e della misericordia nel principe perfetto:

602.   Misericordia et Veritas obviaverunt sibi: justitia et pax osculatæ sunt.2

(Salmo LXXXIV, vers. 11).
e all’incontro è di Cicerone la seguente definizione filosofica della giustizia:

603.   Justitia.... erga Deos religio, erga parentes pietas, çreditis in rebus fides.... nominatur.3

È pure in Cicerone quest’altro, detto a temperare la soverchia rigidità degli intransigenti:

604.   Summum jus, summa iniuria.4

(De officiis, lib. I, cap. 10).

  1. 601.   Amai la giustizia e odiai l’iniquità, perciò muoio in esilio.
  2. 602.   La misericordia e la verità si sono incontrate insieme: si son date il bacio la giustizia e la pace.
  3. 603.   La giustizia, se è rispetto a Dio dicesi religione, se verso i parenti pietà, se nelle cose affidate dicesi fede.
  4. 604.   Il diritto estremo diventa talora anche un estremo torto.