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256 Chi l’ha detto? [796-798]


teva dire degli italiani nel sonetto XVIII del Misogallo (20 novembre 1792, in Firenze):

796.   Schiavi or siam, sì; ma schiavi almen frementi.

Fra le conquiste della nuova età, tengono non ultimo posto, accanto alla libertà politica, altre libertà accessorie: la libertà di coscienza, per esempio, e la libertà commerciale. Questa è espressa in tutta la sua maggiore latitudine dalla formola:

797.   Laissez faire, laissez passer!1

parole che divennero il grido di guerra dei libero-scambisti e che sono attribuite a Jean Claude de Gournay, ministro del Commercio in Francia nel 1751, che in quella massima riassunse le dottrine fisiocratiche dell’economista Quesnay e avrebbe con essa dato un’interpretazione più larga e scientifica alla frase già detta da Legendre a Colbert: Laissez-nous faire. Il Gournay soleva ripetere queste parole ad ogni occasione, ma non le scrisse in nessun luogo delle sue opere: esse divennero popolari soltanto dopo che Adamo Smith le citò nella sua opera (pubbl. nel 1776): Inquiry into the nature and causes of the Wealth of Nations.

Invece la libertà di coscienza può tenere a programma la celebre sentenza:

798.   In necessariis imitas, in dubiis libertas, in omnibus charitas.2

La paternità di questo dettato fu soggetto di lunghe controversie. I Riformati lo dissero di S. Agostino e sotto il nome di lui infatti corre comunemente; ma sarebbe inutile di cercarlo nelle opere del vescovo d’Ippona, poichè egli non lo scrisse mai: nè maggior fondamento ha l’opinione di coloro che l’attribuiscono a Filippo Melantone. Esso invece si trova con qualche variante nella Parænesis votiva pro pace ecclesiæ ad Theologos Augustanæ Confessionis pubblicata fra il 1621 e il 1625 (secondo altri, fra il 1627 e il 1635) da Rupertus Meldenius, e così suona: Si nos serva-


  1. 797.   Lasciate fare, lasciate passare!
  2. 798.   Nello cose necessarie unità, nelle dubbie libertà, in tutte carità.