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260 Chi l’ha detto? [805-807]


parlo invece della maldicenza in formis, che con altra parola può dirsi calunnia. Che cos’è la calunnia? Tutti sanno a memoria la risposta:

805.              La calunnia è un venticello,
               Un’auretta assai gentile
               Che insensibile, sottile
               Leggermente, dolcemente
               Incomincia a sussurrar.

principio della celebre cabaletta di Don Basilio nel Barbiere di Siviglia, parole di Cesare Sterbini, musica di Rossini (a. I, sc. 6). Essa del resto è tutta popolarissima, e se ne citano anche altri versi staccati. Della triste potenza della calunnia antichi sono i documenti, basti fra tutti citare il notissimo:

806.   Calomniez, calomniez; il en restera toujours quelque chose.1

la quale sentenza è stata attribuita a diversi; dagli uni al Voltaire, che ne è proprio innocente, dagli altri ai Gesuiti, da altri al Beaumarchais, che veramente la disse nel Barbiere di Siviglia (a. II, sc. 8), ma riportandola da autorità a lui anteriori. Infatti Bacone da Verulamio nel lib. VIII, cap. 2, § 34 del trattato De dignitate et augumento scientiarum, scrisse: «Sicut enim dici solet de calumnia, Audacter calumniare, semper aliquid hæret.» Ugualmente incerto è l’autore dell’altra cinica frase:

807.   Qu’on me donne six (o deux) lignes écrites de la main du plus honnête homme, j’y trouverai de quoi le faire pendre.2

Queste parole sono state attribuite a Richelieu, sulla fede dei Mémoires di Mme de Motteville (vol. I, p. 58): «.... selon


  1. 806.   Calunniate, calunniate; ne resterà sempre qualche cosa.
  2. 807.   Datemi sei (o due) righe scritte di pugno del più gran galantuomo, e io ci troverò tanto da farlo impiccare.