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432 Chi l’ha detto? [1279-1282]

1279.   Inopem me copia fecit.1

(Metamorfosi, lib. III, v. 466).
o con Seneca:

1280.   Magna servitus est magna fortuna.2

(Ad Polybium consolatio, XXVI).
cui servono di commento le parole che immediatamente precedono: Multa tibi non licent, quæ humillimis et in angulo jacentibus licent; alle quali sentenze piacemi avvicinare la seguente che veramente parla soltanto dei mali della smisurata ricchezza territoriale, dovuti a complesse ragioni sociali:

1281.   Latifundia perdidere Italiam.3

(Plinio il vecchio, Hist. natur., lib. XVIII, 7).

Senza dunque spregiare le ricchezze che pure possono dare molte soddisfazioni, se non altro quella di giovare altrui, nessuno può disconoscere che più felice di molti Cresi è il modesto lavoratore che sa contentarsi del poco sufficiente ai suoi reali bisogni, e trae dall’opera sua una onesta e ben guadagnata mercede, purché, dico, sia ben guadagnata e non provenga da turpe fonte. Che il danaro di mala provenienza poco profitta; e a chi te l’offre, rispondi pure con le parole della Bibbia:

1282.   Pecunia tua tecum sit.4

(Atti degli Apostoli, c. VIII, v. 20).
che sono le famose parole rivolte da Pietro a Simon Mago, che gli offriva danaro per ricevere lo Spirito Santo. Il testo veramente dice: Pecunia tua tecum sit in perditionem, cioè Va in malora tu e il tuo danaro, e quindi il senso è un poco diverso da quello nel quale si usano correntemente.

Chi più felice del contadino, il giorno che anche per lui si realizzasse il desiderio di quel monarca francese, avido di popolarità, di cui narrasi dicesse:

  1. 1279.   L’abbondanza mi fe’ povero.
  2. 1280.   Una grande fortuna è una grande servitù.
  3. 1281.   I latifondi condussero l’Italia a perdizione.
  4. 1282.   Tienti il tuo danaro.