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Pagina:Chi l'ha detto.djvu/647

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[1825-1826] Le frasi storiche della Grande Guerra 615


sappia ogni soldato qual’è questo sacro dovere: lottare, vincere, non retrocedere di un passo. - Noi siamo inflessibilmente decisi: sulle nuove posizioni raggiunte, dal Piave allo Stelvio, si difende l’onore e la vita d’Italia. Sappia ogni combattente qual’è il grido e il comando che viene dalla coscienza di tutto il popolo italiano:

1825.   Morire, non ripiegare».

Il testo di questo ordine del giorno fu riprodotto con profonde alterazioni in diversi libri, ma fu ristabilito dal Cadorna nella sua opera: La guerra alla fronte italiana, vol. II. (Milano, 1921, a pag. 249).

Largo compenso a queste pagine dolorose trovò la patria un anno dopo nei bollettini che di giorno in giorno registravano il succedersi dei fausti avvenimenti nella grande battaglia di Vittorio Veneto per culminare nell’ultimo, il bollettino n. 1268, detto il «Bollettino della Vittoria» o anche - non immeritamente - «Bollettino napoleonico». Il bollettino, che ha la data del 4 novembre 1918, ore 13, ed è firmato Generale [Armando] Diaz. nuovo capo dello Stato Maggiore, ma che fu dettato come i precedenti dal colonnello Domenico Siciliani, ebbe una larghissima diffusione: fu riprodotto in tutti i modi, in edizioni speciali di lusso, in manifesti, in incisioni, in cartoline (ve ne sono delle centinaia) e anche in lapidi monumentali apposte a perpetua memoria su pubblici edifici in quasi tutte le città d’Italia e in moltissimi comuni minori. Esso è giustamente scolpito nella memoria di tutti gli Italiani che con orgoglio ricordano specialmente l’ultimo periodo di esso:

1826.   I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo, risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano disceso con orgogliosa sicurezza.

Non lasceremo il general Diaz senza ricordare ch’egli stesso assegnò alle varie armate da lui condotte alla vittoria, i soprannomi con i quali divennero famose: ne rivendicò la paternità in un’intervista col Giornale d’Italia (vedi num. del 4 novembre 1920): «Io ho voluto che la I Armata si chiamasse la Gagliarda; la III Ar-