Pagina:Chiarini - Dalle novelle di Canterbury, 1897.djvu/112

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prologo. 39


Comincio dunque col chiedere alla vostra cortesia, lettori carissimi, di non volervela prendere con me e tacciarmi di ignorante, se io vi parlo alla buona, e vi racconto i discorsi e gli scherzi dei miei compagni di viaggio, con le loro precise parole. D’altronde, lo sapete meglio di me, chi racconta, deve cercare, fin dove gli è possibile, di riferire scrupolosamente quello che ha sentito, senza badare a come deve parlare. Altrimenti finisce per non dire la verità, ed è costretto quindi a inventare o a lambiccarsi il cervello dietro alla metafora. Quand’anche si trattasse di raccontar qualche cosa che si riferisse, faccio per dire, a un fratello, siamo sempre lí: non bisogna badare a una parola piuttosto che a un’altra. Guardate un po’ Cristo: nella sacra scrittura egli parla apertis verbis, e dice sempre le cose come sono; eppure nessuno ci ha trovato mai nulla di male. E Platone, signori miei, che cosa dice a questo proposito? Dice, a chi lo sa leggere, che le parole debbono essere parenti dei fatti62.

Vi prego anche di perdonarmi se qui nel