Pagina:Chiarini - Dalle novelle di Canterbury, 1897.djvu/116

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prologo. 43

dolo non solo a voler fare davvero quanto ci aveva proposto, ma a volere essere il nostro capo, e nello stesso tempo giudice e relatore delle nostre novelle. E fino da quel momento fu stabilita, a un dipresso, la spesa della cena da farsi al nostro ritorno. Così da quanti eravamo li presenti, senza distinzione di grado, fu convenuto di affidarsi all’oste come guida, e di sottomettersi, di comune accordo, al suo giudizio di relatore. Egli allora ci portò del vino, e dopo aver bevuto ce ne andammo tutti a letto senza altro.

La mattina, appena giorno, il nostro oste si alzò prima di tutti, e fu così il gallo che ci cantò la sveglia. Messici tutti in rango, e montati a cavallo, c’incamminammo, di passo per la strada che conduce all’abbeveratoio detto di S. Tommaso63. Qui l’oste fermò il suo cavallo, e disse: Signori, vi prego di ricordarvi della vostra promessa; se il canto della sera va d’accordo con quello della mattina, vediamo chi è che deve raccontare la prima novella. Ch’io non possa bere più, in vita mia, una