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novella del cavaliere. | 69 |
contare, poi, che la bestia quando è morta riposa in pace; mentre l’uomo deve piangere e soffrire anche nell’altro mondo, come se non ne avesse abbastanza in questo. È proprio così.
Il perché io non non lo so, e lascio, appunto, che rispondano gli indovini; ma un’altra cosa, pur troppo, so: ed è che in questo mondo ci siamo venuti per soffrire. Io, disgraziato, vedo una serpe strisciare liberamente per la via; vedo un ladro, il quale ha derubato più d’un galantuomo, andarsene comodamente a spasso dove gli pare e piace, mentre io debbo starmene quí in prigione per volere di Saturno e per l’odio e l’ira di Giunone, la quale ha quasi distrutto completamente il sangue tebano, ed abbattuto le grandi mura della città. E Venere per giunta mi fa morire di gelosia e di paura per causa di Arcita.„
Intanto lasciamo per un poco Palemone nella sua prigione, e torniamo ad Arcita.
L’estate passa, e le lunghe notti invernali raddoppiano le pene dell’amante in esilio e del prigioniero in Atene. Io non so,