Pagina:Chiarini - Dalle novelle di Canterbury, 1897.djvu/156

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novella del cavaliere. 83

nemico, o io l’uccido sulla tana, o egli uccide me, se fallisco il colpo; così Arcita e Palemone, pallidi, trepidarono, conoscendo ciascuno il valore dell’altro. Senza né anche salutarsi indossarono le armi, aiutandosi come due buoni fratelli. Quindi impugnata un’asta bene appuntata e forte, si avanzarono, con lunghi passi, l’uno contro l’altro. Avresti detto, vedendoli combattere che Palemone avesse la ferocia di un leone, e Arcita la fierezza d’una tigre: infuriati come due orsi che hanno la bocca biancheggiante di spuma, menavano tutti e due orribili colpi, immersi nel sangue fino al collo del piede. Ma lasciamo loro che si battono in questo modo, e torniamo a Teseo.

Il destino, ministro di tutte le cose, il quale distribuisce in questo mondo la provvidenza divina, è cosí potente, che quando gli uomini hanno giurato che una cosa non può accadere se non in un dato modo, un bel giorno accade proprio alla rovescia; e te la do in mille anni, se un’altra volta sola si ripete in quel modo lí. I nostri desiderî, di qualunque genere siano: guerra, pace