Pagina:Chiarini - Dalle novelle di Canterbury, 1897.djvu/158

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novella del cavaliere. 85

stavano tutti pronti ad un suo cenno; e finalmente giunto in un prato, portando la mano agli occhi, perché il sole gli permettesse di vedere, scôrse Arcita e Palemone che combattevano infuriati come due tori. Le spade luccicanti volavano per l’aria cosí terribilmente, che il più piccolo colpo avrebbe abbattuto una querce. Teseo non sapendo chi fossero, dié di sprone al cavallo, e in un salto fu in mezzo a loro, con la sciabola sguainata, e gridò: “Olà! fermi, per la vostra testa. Giuro per Marte, dio potente della guerra, che il primo il quale, davanti a me, tirerà un altro colpo solo, cadrà morto. Chi siete voi che osate venire qui a combattere in questo modo senza un giudice o un ufficiale che diriga l’assalto, come in un leale torneo?„

Palemone rispose subito: “Signore, perché non dirti, senz’altro, la verità? Tutti e due ci meritiamo la morte: noi siamo due disgraziati prigionieri stanchi della vita; tu che sei nostro signore e nostro giudice, non avere per noi né compassione né perdono. Uccidimi pel primo, che mi fai una vera ca-