Pagina:Chiarini - Dalle novelle di Canterbury, 1897.djvu/197

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124 novella del cavaliere.

e menare colpi orrendi; là i forti destrieri inciampare e cadere per terra, mentre un cavaliere ruzzola come una palla tra le gambe del cavallo. Uno si difende a colpi di bastone, un altro getta di sella l’avversario urtandolo col suo cavallo. Si vede uno ferito nel corpo, trascinato a forza dentro lo steccato laterale e costretto, secondo era stato convenuto, a restare là, mentre ad un altro tocca la stessa sorte dall’altra parte. Ogni tanto Teseo fa riposare i combattenti perché prendano nuova lena e bevano se ne hanno voglia.

I due Tebani si scontrarono piú d’una volta ferendosi, e per due volte l’uno gettò l’altro giú di sella. Una tigre della valle di Galafa, cui il cacciatore avesse rubato il tigrotto, non si scaglierebbe con la ferocia con cui la gelosia spinge Arcita contro Palemone; non c’è leone in Belmaria che stimolato dal cacciatore o acciecato dalla fame, si inferocisca ed abbia sete di sangue, quanto Palemone desidera uccidere il suo avversario. Cadono su gli elmi loro tremendi colpi, ed il sangue sgorga rosso dai fianchi.