Pagina:Chiarini - Dalle novelle di Canterbury, 1897.djvu/223

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150 novella del giureconsulto.

dieci; perciò spinse avanti il suo cavallo dicendo:

“Signori, ho l’onore di avvertire tutta questa brigata, che la quarta parte del giorno se n’è bell’e ita. Quindi, per amore di Dio e di San Giovanni, guardate, se vi riesce, di non perdere più tempo. Signori miei, il tempo non ci aspetta mica: giorno e notte si consuma, e se la svigna o mentre noi tranquillamente dormiamo, o quando, desti, non sappiamo approfittarne: egli fa come il fiume che scende dal monte alla pianura senza tornar mai indietro. Non per nulla Seneca, e con lui molti altri filosofi, rimpiange piú la perdita del tempo che quella dell’oro dello scrigno; poiché le ricchezze si possono in qualche modo ricuperare, ma la perdita del tempo è irreparabile. Il tempo non ritorna davvero indietro, come non ritorna a Malkins1 la verginità, una volta che la sua lascivia glie l’ha fatta perdere. Non stiamo, dunque, a marcire cosí nell’ozio.

Signor giureconsulto, che Dio vi benedica, raccontateci voi, ora, una novella, secondo che abbiamo stabilito. Anche voi avete