Pagina:Chiarini - Vita di Giacomo Leopardi.djvu/113

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le prime relazioni con p. giordani 85

che tien conto dei suoi consigli, che lo ubbidisce: «Oh credete forse che non vi ami? o che non mi limi? E se non lo credete, perchè volete credere che mi ostini a far quello che mi nuocerebbe?... Stando in Recanati, e come ci sto io, niente mi può consolare della privazione degli studi; e nondimeno, perchè vedo che mi bisogna stare un pezzo senza studiare, e per ubbidire a voi, non istudio, e cosi fo da molto tempo. Sappiate che sono sei mesi che io non iscrivo, e leggo così poco, che si può dir niente.»1 Queste parole sono in una lettera dell’11 agosto 1817. Tre giorni innanzi gli aveva scritto: «Ahi, mio caro Giordani, che credete voi che io faccia ora? Alzarmi la mattina e tardi, perchè ora, cosa diabolica! amo più il dormire che il vegliare. Poi mettermi immediatamente a passeggiare, e passeggiar sempre sema mai aprir bocca ne veder libro sino al desinare. Desinato, passeggiar sempre nello stesso modo sino alla cena: se non che fo, e spesso sforzandomi e spesso interrompendomi e talvolta abbandonandola, una lettura di un’ ora. Così vivo e son vissuto, con pochissimi intervalli, per sei mesi.»2 Quanto agli esercizi del corpo con tanta insistenza raccomandatigli dall’ amico, rispondeva: «Il cavalcare che mi consigliate, certo mi gioverebbe, ed è uno dei pochi esercizi che io potrei fare, dei quali non è il nuotare né il giocare a palla né altro tale, che non molto fa mi avrebbe dato la vita ed ora mi ammazzerebbe, quando io mi ci potessi provare, che è impossibilissimo. Potrei, dico, cavalcare, se avessi molte cose che non ho.»3

Quali erano queste molte cose? Probabilmente una sola: la volontà dei genitori. O probabilmente Monaldo non ci pensava. Forse neppur lui da giovane

  1. Epistolario, vol. I, pag. 90.
  2. Idem, pag. 87.
  3. Idem, pag. 98.