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A PISA E A FIRENZE. 323 del secolo, quasi non gli dava più il cuore di logorarsi in far cose che lo contentassero.^ Diceva così, e intanto componeva, cioè aveva composta allora allora, la can- zone A Silvia. Egli capiva di non essere l'uomo del suo tempo: era piuttosto l'uomo del passato e dell'avvenire; era cioè l'uomo di ogni tempo: gli uomini che sono sola- mente del loro tempo, in generale, sono menti anguste. Ma, benché avesse piena coscienza del proprio va- lore, e a tempo e luogo sapesse farsi valere, era mo- desto, era tollerante; e la benevolenza altrui lo sog- giogava. Così, senza troppo simpatizzare coi letterati di Firenze, e dissentendo in molte cose da loro, ne apprezzava i meriti, e ne amava la compagnia: salvo, quando gli montava la stizza, a sfogarsi contro il su- diciume, i viottoli, e le donne fiorentine; le quali poi si vendicarono, cioè una di esse si vendicò, aggiogan- dolo al suo carro. Era anch' egli un esteta; ma vittima, non trionfatore di donne. • * Quando tornò da Pisa a Firenze, aveva già finita la Crestomazia poetica; ma non la mandò allo Stella fino al r di luglio, cioè dopo perduta la speranza che l'editore venisse in Toscana. Nella prefazione alla Cre- stomazia dei prosatori il compilatore aveva detto che forse avrebbe fatto cogli stessi ordini e nella stessa forma la Crestomazia dei poeti; ma postosi all'opera, vide che la cosa non poteva andare, < perchè il por- gere distribuite per classi le impressioni poetiche, gli parve primieramente impossibile, e poi di pessimo ef- fetto se si fosse potuto fare. >■ Per questa ragione, ' Epistolario, voi. II, pag. 292. - Fiefazione alla Crestomazia dei poeti, nei citati Scritti ìetttf- rari di Giacomo Leopardi, voi. II, pag. 372.