Pagina:Chiarini - Vita di Giacomo Leopardi.djvu/406

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370 CAPITOLO XVm. derla cominciò ad essergli un dolore: insomma a poco poco il poeta cominciò ad innamorarsi, senza quasi volerlo, io credo, confessare a sé stesso. Così passò l'inverno. Sopraggiunta la primavera, una mat- tina che egli andò per una delle solite visite, trovò la bella signora nelle vezzose sue stanze, seduta mol- lemente sopra un sofà, con intorno un profluvio e un profumo inebriante di fiori; la trovò che, raggiante di bellezza e circonfusa di voluttà, accarezzava, strin- geva al petto e baciava le sue bambine. Dinanzi a quella scena si sentì vinto ; sentì che il proposito, forse già fatto, di non innamorarsi, se n'era con quelle dolci aure primaverili volato via, e si abbandonò intera- mente al sentimento che lo soggiogava. L'esaltazione fu tale, ch'egli non pensò più alla sua deformità, non pensò più alle sue malattie; non ebbe dinanzi a sé che il piacere sovrumano che la vista di quella donna gli recava; e si tuflfò tutto nel pensiero di cotesto piacere. Da quel punto le visite alla Targioni furono il suo primo pensiero d'ogni giorno; studiava i pretesti per andarla a trovare; quando le era dinanzi spiava som- messamente i suoi desiderii per prevenirli ; stava dello mezze oro muto, timido, tremante, a guardarla. La signora aveva un ricco album di autografi ; ed egli fu felice di offrirsi a procurarlene quanti più potesse dai molti amici e conoscenti che aveva fra i letterati. Cominciò col farsi mandare dalla Paolina i due volumi del suo protocollo di lettere letterario, perché la signora scegliesso di lì ciò che più lo pia- ceva; scrisse al Rosini, gran faccendiere, uomo che aveva una quantità di relazioni stragrande; scrisse al De Sinncr a Parigi, al Galvani, e a quanti altri credo potessero favorirlo. Lo lettere erano vive, pressanti, come per cosa che gli stava grandemente a cuore: al Resini ne scrisse non meno di tro dal maggio all'ottobre del 1831; che fu il tempo in cui