Pagina:Chiarini - Vita di Giacomo Leopardi.djvu/446

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410 CAPITOLO XX. Evidentemente egli in questo tempo (la lettera al De Sinner è del 10 giugno 1834) si sentiva, o almeno credeva di sentirsi, in grado di attendere a qualche lavoro. Forse era tornato alla poesia con V Aspasia, la cui composizione si attribuisce, non senza giusti motivi, alla primavera del 1834. Questa poesia è il documento più importante del- l'amore del Leopardi per la Targioni ; ed è la prova che delle donne da lui amate essa è quella che fece più forte e durevole impressione nell'animo suo. An- che dopo eh' egli credè spezzato l' incanto, non riuscì a dimenticarla. Andò a Napoli non portando in cuore altro sentimento verso di lei che un acre desiderio di vendetta ; e non fu pago finché non ebbe sodisfatto quel desiderio. Si vergognava di essere stato per due lunghi anni mancipio di quella donna e volle dell' er- rore fare alta e memorabile ammenda. Di quanto si era abbassato dinanzi a lei, di tanto volle rialzarsi e abbassare lei dinanzi a sé ; e con lei tutte le donne. E scrisse VAspasia^

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A82)asia é la dimostrazione poetica della sentenza di Teofrasto, che la bellezza ò una tacita menzogna. Il poeta, deforme, e perciò escluso dall'amore, vuol vendicarsi della dura sua sorte; vuol vendicarsi di tutto le bello donne che lo fecero i)iù o meno soffrire, ma sopra tutte di quella che fu l'ultimo e il suo maggiore tormento, di quella che lo perseguita an- cora, dopo un anno o più ch'ei non la vedo. Quel fatale scmbianto di donna gli torna sempre dinanzi, nei luoghi abitati, nei campi solitari!, di notte, di giorno; gli lampeggia fuggitivo in altri volti; e gli ridesta nell'anima quella superba visiono, che fu per tanto tempo sua delizia od crinni. Tutta la natura par congiurata a riimovargli la memoria di