Pagina:Chiarini - Vita di Giacomo Leopardi.djvu/471

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LA < PALINODIA > E < LA GINESTRA >. 435 camico, e alquanto incerto nell'andare e quasi timido in ogni suo atto. Cominciano subito i soliti esercizi della scuola: si leggono vari componimenti, seguono le osservazioni dei giovani e del maestro.... In fine il Puoti pregò il poeta che volesse essergli cortese del suo giudizio intorno alla maniera con cui in quella scuola si studiava l' italiana favella; ogni parola di lui sarebbe stata un prezioso ammaestramento e in- sieme un caro e venerato ricordo per quei giovani. Schermitosi per qualche istante, il Leopardi poi disse, con voce un po' fioca e pur dolce: ammirare quel sen- timento così vivo dell'italianità nello scrivere, e se- gnatamente il ritorno a quei nostri antichi, che fecero tante cose grandi e non meno grandi ne ispirarono ai nipoti, sempre che questi intesero a rinnovare il culto degli avi. Il Puoti non aver bisogno dei suoi consigli, nò lui esser tale da poterne dare. Tuttavia per compiacere al cortesissimo marchese, notava come in quella scuola si facesse più conto della purità che della proprietà. Or, egli esser d'avviso che questa si dovesse tenere in non minore, anzi in maggior pregio di quella ; e che un sentimento eccessivo della purità potrebbe persino nuocere a quella proprietà stessa da cui principalmente viene ad ogni discorso l' evidenza e la luce. >' Le dimostrazioni di stima fattegli dai suoi ammi- ratori erano le cose delle quali il Leopardi si com- piaceva maggiormente; e furono, credo, le sole vere sodisfazioni ch'egli gustò nella vita. Oltre l'amicizia e la stima dei principali letterati del paese, ebbe il Leopardi a Napoli anche quella di alcuni stranieri che fecero là qualche dimora nel tempo in cui egli vi abitò. Il Bunsen, rispondendo il 5 luglio 1835 al Leo- pardi, per avvisarlo che aveva accettata e pagata la ' ZuMBiNi, loc. cit., pag. 244, 245.