Pagina:Chiarini - Vita di Giacomo Leopardi.djvu/477

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LA < PALINODIA > E < LA UlNEfcìTKA >. l il Fervendo gorgogliar, desta i figliuoli, Desta la moglie in fretta, e vi», con quanto Di lor cose rapir posson, fuggendo, Vede lontan l'usato Suo nido, e il picciol campo Che gli fu dalla fame unico schermo, Preda al Hutto rovente, Che crepitando giunge, e inesorato Durabilmente sopra quei si spiega. L'industria umana ha richiamato alla luce l'ostintii Pompei; ma il forestiero di fra i mozzi colonnati con- templa da lontano la cresta fumante, che minaccia ancora lo sparse ruine. E nell'orror della secreta notte Per li vacui teatri, Per li templi deformi e per le rotte Case, ove i parti il pipistrello asconde, Come sinistra face Che per vóti palagi atra s'aggiri. Corre il baglior della funerea lava. Che di lontan per l'ombre Rosseggia e i lochi intorno intorno tinge. Le paurose scene, rievocate dalla fantasia del poeta con una l'orza di rappresentazione meravigliosa, ser- vono come di nucleo, intorno al quale si svolge una serie di meditazioni iilosotiche, che sono per la loro altezza e novità, e per la luce che le illumina da quelle famose ruine e dallo splendido paesaggio na- poletano, vera e grande e nuova poesia. Perchè non è mica detto che al poeta sia negato di ragionare; che il poeta lirico debba sempre andare barcolloni come un ubriaco, affastellando tropi d' ogni genere, indovinelli e logogrifi, i quali facciano rimanere in- tontito il povero lettore, che ha la pazienza di leg- gere senza capire. La vera e grande poesia è quella che ti fa restare meravigliato, non perchè non intendi,