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Pagina:Chiese medievali di Sardegna.pdf/7

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CHIESE MEDIOEVALI DI SARDEGNA

CONSIDERAZIONI GENERALI

La Sardegna non ebbe nei periodi storici arte propria, mentre in epoche preistoriche le forme architettoniche e scultoriche raggiunsero uno sviluppo che non ebbero l’uguale le altre regioni italiane; i grandiosi monumenti megalitici, come i nuraghi, per il loro numero, per la loro imponenza e perfezione, attestano della potenza raggiunta dalle genti eneolitiche, da quella schiatta mediterranea, cioè, che prima approdò nei lidi sardi.

A queste primitive manifestazioni vennero a sovrapporsi nuove correnti e nuove civiltà che allontanarono dal litorale e dai campidani le antiche genti, internandole nella regione più montuosa, in quella Barbagia che, attraverso tante civiltà, mantenne le rudi e fiere caratteristiche dell’antica razza.

Le più evolute forme dell’Oriente soffocarono in breve non solo gli elementi costitutivi, ma anche il sentimento e le tradizioni dell’arte sarda che solo si perpetuarono negli oggetti più umili dei nomadi pastori.

Dopo il periodo dei nuraghi, la nostra fu arte riflessa, alla quale mancò anche quell’influenza locale che dovunque diede un particolare colore alle diverse manifestazioni artistiche: le finissime incisioni della glittica egiziana ed assira, le squisitezze dell’oreficeria punica e la bellezza dei marmi e delle terrecotte elleniche a noi giunsero pel tramite di artisti e di mercanti cartaginesi, popolanti le floride città costiere, Cagliari, Nora, Sulcis, Tarros, Cornus e Olbia.

La civiltà, che si riassunse nel nome di Roma e che da questa trasse le forme più vitali, portò anche nel campo dell’arte ad un’intima fusione fra l’elemento latino ed indigeno. Lo spirito della città madre ci unì alle altre regioni d’Italia, e d’allora noi fummo avvinti al pensiero e alla vita


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