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Pagina:Ciceruacchio e Don Pirlone.djvu/100

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capitolo secondo 93

Dopo avere ancora filosofato sulla luminosa stella del Vangelo e dopo aver narrato l’opera caritatevole di Pio IX e gli osanna dei popoli entusiasmati» il poeta prosegue, descrivendo Roma letificata e ravvivata dal Pontefice:

   Padre Eccelso! Oh quanta luce,
Ch'ogni spirto fa sicuro,
Quanta fede nel suo Duce,
Quanta speme nel futuro,
Quanta calma nel desire,
Quanta pace nel gioire
Or circonda l'aer puro
Della Santa tua Città!

   Dalle tacite rovine
Di una possa rovesciata,
Palle floride colline
D'una gloria invulnerata.
Dai delubri del Possente
Che fa il sole risplendente.
Dalla polve consacrata
Dal martirio e dal valor.

   Dalle sale che famoso
Fé' del genio la possanza,
Dalle torri maestose,
Dalle moli che le avanza . . .
L'ombre s'alzan di quei forti
Dalla terra al cielo assorti,
E fanao eco all'esultanza
D'ogni mente e d'ogni cor.

Credo di non far cosa ingrata ai lettori riportando qui qualche quartina di una poesia di anonimo tedesco, dettata pel solenne Te Deum cantato nella I. e R. Cappella di Corte a Vienna per la compiuta faustissima elezione di Pio pp. IX P. O. M, il dì 26 giugno 1846, tradotta dal cav. Angelo Maria Ricci, letterato e poeta di grandissima fama a quei dì, troppo lodato allora, oggi troppo dimenticato. Il poeta alemanno ignorava, quando dettava i suoi versi, la pubblicazione dell’editto di amnistia: quindi egli tesse brevemente la storia degli otto Pii, i quali precedettero Gioovanni Maria Mastai sulla cattedra di Pietro; e questa storia tesse con intendimenti parziali e sentimenti di uomo devoto ai principi della Santa Alleanza. Curioso è il giudizio contenuto nella quarta strofa sul dotto umanista Enea Silvio Picolomini, papa col nome di Pio II: