Pagina:Ciceruacchio e Don Pirlone.djvu/146

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capitolo terzo 139

lottiamo, voi ed io, ho l’orgoglio di crederlo, per preservare le società moderne, o guarirle . . . . . è qui la nostra alleanza. Non è che col concorso della Francia, della politica conservatrice francese, che si può lottare contro lo spirito rivoluzionario ed anarchico . . . . . Io tengo a grande onore ciò che vi piace di pensarle di me; io spero che la durata e Vati nazione pratica della nostra intimità non faranno che accalorare la nostra confidenza e la nostra buona opinione . . . .». Tale era il linguaggio del gran dottrinario, del sapiente inventore della politica du juste milieu, onde, a buon diritto, lo storico francese, che riferisce questo curioso, stavo per dire - pensando alla immutabilità dei principi del Metternich e alla volatilità dei principi di quel liberalone del Guizot - obbrobrioso frammento di lettera osserva; «Cosi diecissette anni dopo la rivoluzione del 1830, il Governo di Luigi Filippo era giunto a porsi a rimorchio dell’uomo che, nel 1814 e nel 1815, era stato il principale istromento dell’abbassamento della Francia»1.

Frattanto è notevole che erano venuti a presentare successivamente i loro omaggi a Pio IX il principe di Joinville, a nome del padre re Luigi Filippo; la regina dei Paesi Bassi; Chekib Effendi, inviato straordinario del sultano Abdul-Magit-Kan; il duca di Valentinois, principe ereditario di Monaco; il principe Massimiliano di Baviera; Maria Cristina, ex-regina di Spagna2, oltre ambascerie di molti sovrani recanti gli ossequi e gli auguri dei loro Governi. L’abate Lamennais, il padre Lacordaire, il cardinale Bonald, l’abate Gioberti, il padre P. Ventura, monsignor Muzzarelli, l’abate Rosmini, uomini eminentissimi del clero cattolico, si trovavano mossi allo stesso entusiasmo verso l’adorato Pontefice, a cui si sentivano sollevati il Balbo, il D’Azeglio, il Rossi, l’Orioli, il Minghetti, il Pasolini e Ciceruacchio.

E tale e tanto era e così concorde, e così profondo questo entusiasmo che tutti erano proclivi sempre ad attribuire a lui solo quel pochissimo di bene che si operava nel governo della

  1. Ernesto Hamel, op. cit., tom, Ier, chap. XVIII, pag. 690. Cf. con Nicomede Bianchi, op. cit. e luogo citati; con Metternich, Mémoires, documents et écrits divers, laissés par le prince, publiés par son fils, Paris, E. Plon et Cie, 1883, vol. VII, pag. 178, e da pag. 232 a 256, e da pag. 298 a 308; e con Teodoro Flathe, op. cit., lib. II, § 4, pag. 696 e 697
  2. B. Grandoni, op. cit., pag. 17 a 57. Cf. Spada, op. cit., vol. I, cap. IX.