Pagina:Ciceruacchio e Don Pirlone.djvu/256

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capitolo quarto 249

tosi figliuoli, i quali, come il biblico Sem, cercavano ad ogni modo di coprire e nascondere le bizzarie, le stravaganze e le contraddizioni del padre. E tali si palesano di fatto lo Sterbini, il Checchetelli, il Meucci, il Pompili e i loro colleghi; perché, effettivamente, a loro doleva di disfare l’idolo che s’erano fabbricato; e desideravano che integri ne restassero, agli occhi delle moltitudini, il prestigio e lo splendore acciocché efficacia irresistibile avesse la voce del Pontefice, allorché ella si leverebbe - come essi speravano ancora, come speravano sempre - eccitatrice dei popoli alla redenzione della patria. Soltanto la Bilancia, il più moderato di quei giornali, espresse, sommessamente, la propria opinione sul nuovo statuto dato al romano Municipio, manifestando il desiderio di averlo più ampio e liberale1.

Per l’inaugurazione del Municipio il 24 novembre furono fatte in Roma grandi feste, che tutti i giornali di quel tempo e tutti gli storici concordemente descrivono.

Al mattino verso le dieci i consiglieri furono presentati al Pontefice nel palazzo del Quirinale dal cardinale Ludovico Altieri, presidente di Roma e Comarca, il quale espresse in acconcio ed ornato discorso, a nome dei consiglieri, la gratitudine loro e del popolo verso il Papa, gratitudine che dai fatti e dalle più aperte prove di devozione, in breve, meglio che con sterili parole sarebbe da essi attestata:

«Discendendo da questa inclita vetta - continuò il cardinale Altieri - ci condurremo solleciti all’antico colle sul quale un giorno si decidevano le agitate sorti del mondo, e ci rallegreremo di vederle cambiate in pacifiche, dacché furono affidate a chi divinamente governa la navicella di Pietro; colà giunti entreremo in quell’antico tempio che ci ricorda la profetica lingua annunciatrice di un’era novella, feconda di pace e di prosperità. Oggi però non v’ha d’uopo di voce misteriosa per renderci certi non dover già più aspettare, ma essere già inoltrati sotto la saggia e prudente tutela della Santità Vostra nell’ordinato, nel pacifico, nel tranquillo progresso che facciamo in un nuovo ordine di pubbliche cose. Progresso felice e da Dio

  1. Bilancia del 5 ottobre 1847, n. 44, in un articolo, firmato proprio da Francesco Orioli.