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rispose patriottiche e affettuose parole il cardinale Altieri; poscia furono dai quattordici vessilliferi dei rioni presentate, per essere custodite in Campidoglio, le quattordici bandiere dei rioni.

Dopo di che si venne alla votazione per la formazione della terna nella quale il Pontefice doveva scegliere il senatore di Roma. Da tale votazione, il cui compimento, stante l’ora tarda, fu rinviato alla seduta del successivo giorno 25, risultarono eletti a comporre la terna il

Principe Marc’Antonio Borghese con voti 78, il principe Tommaso Corsini con voti 77 e il principe Filippo Andrea Doria con voti 73; e il Papa elesse il principe Corsini.

A conservatori furono eletti:

Il principe Filippo Andrea Doria Pamphili, il marchese Clemente Della Fargna, l’avvocato Carlo Armellini, il cav. Vincenzo Colonna, l’avv. Francesco Sturbinetti, l’avv. Ottavio Scaramucci e il principe Marc’Antonio Borghese1.

Il popolo, che aveva preso parte plaudente alla festa, fece grandi dimostrazioni di simpatia e di affetto al principe Corsini, nuovo senatore, avanti al suo palazzo alla Lungara.

Il principe Corsini apparve al balcone, tenendo per mano il popolano Ciceruacchio, onde gli applausi ne andarono alle stelle, segnatamente dopo che il buon capo-popolo ebbe declamati due versi da lui improvvisati lì per lì:

Viva Pio IX e il principe Corsini,
Viva chi ha e chi non ha quattrini2.

Intanto il 3 novembre erano stati firmati a Torino i preliminari della lega doganale dai tre rappresentanti del Piemonte, della Toscana e dello Stato romano, conte di San Marzano, cavalier Martini e monsignor Corboli-Bussi, e i popoli italiani se ne erano allietati, quantunque il re di Napoli, il duca di Modena e la duchessa di Parma, invitati a partecipare a quell’inizio di

  1. Grandoni, Spada, Ranalli, La Farina, ecc., e i giornali sopra citati. Vedi anche L. Pompili Olivieri, il quale, nel luogo indicato, commette l’imperdonabile errore di affermare che soli sei conservatori furono eletti, mentre effettivamente ne furono eletti otto, quanti se ne dovevano eleggere; errore tanto più imperdonabile in quanto che il Pompili fu segretario generale del comune di Roma ed ebbe quindi tutto l’agio di verificare l’esattezza dei fatti.
  2. A. Colombo, op. cit., II, pag. 60; Pallade del 26 novembre, n. 108.