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Pagina:Ciceruacchio e Don Pirlone.djvu/433

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426 ciceruacchio e don pirlone

sta saldo in Roma: tutti i giornali, compreso il moderatissimo Labaro, compilato dai canonici don Stefano Ciccolini, don Enrico Fabiani, don Filippo Milanesi, don Eusebio Reali, don Francesco Ximenes, don Domenico Zanelli e don Carlo Borgnana e che aveva per motto Religione e Civiltà, tutti i giornali, compreso il moderatissimo Labaro, cominciano ad assalire e assalgono tutti i giorni, con fierissime polemiche, l’Austria e il Governo austriaco e incitano e infiammano i popoli dello Stato romano alla guerra contro di essi e il conte De Lutzow, imperterrito, assapora a sorso a sorso tutto quell’inesauribile calice di vilipendi, di accuse e di maledizioni e resta a Roma . . . fatto che sarebbe incomprensibile e inesplicabile se la grande opera dell’Allocuzione papale, a cui il conte De Lutzow, sagacemente e tenebrosamente, cooperava, insieme ai gesuiti, ai sanfedisti e ai rappresentanti di Russia, di Prussia, di Spagna, di Napoli e di Baviera, non lo spiegasse ampiamente e ampiamente non lo giustificasse.

Ora, questo fatto, cosi strano e inesplicabile, come fermò poi l’attenzione di parecchi storici1, così cominciò ad attrarre, anche allora, la considerazione delle menti più colte e svegliate; onde, specialmente dopo l’Allocuzione e dopo la costituzione del Ministero Mamiani, i liberali più autorevoli principiarono a levarne clamori e chiesero che, dal momento che il conte De Lutzow mostrava di non sentire e di non comprendere la necessità in cui egli era posto di privare i Romani dal piacere della sua presenza nella capitale dello Stato, questa necessità gli facesse comprendere il Governo, dandogli il passaporto ed invitandolo a partire.

E finalmente cosi avvenne; ma non fu agevole cosa al Mamiani il persuadere Pio IX di quella necessità. La Pallade del giorno 8, forse prematuramente e più come espressione di un desiderio che come enunciazione di un fatto compiuto, partecipava che era stato dato il passaporto al ministro d’Austria, aggiungendo che oggi il suo palazzo veniva sgombrato dagli arredi. E la

  1. F. Ranalli, op. cit., vol. II, lib. X, pag. 118; Belviglieri, op. cit., vol. III, lib. XVI, pag. 136; N. Bianchi, Storia documentata della diplomazia, ecc., vol. V, cap. III, § 5; N. Nisco, op. cit. vol. I, cap. V, pag. 193 e seg.