Pagina:Ciceruacchio e Don Pirlone.djvu/50

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capitolo primo 43

diplomazia di studiarne la soluzione; insomma l’opera del Mazzini preparò l’ambiente in cui si sarebbero poi svolti gli avvenimenti del triennio 1846-1849 e i successivi.

Io non riferirò i tanti giudizi favorevolissimi al Mazzini che intorno a lui pronunciarono il Blanc, il Garnier-Pagés, il Ledru-Rollin, il Rey, il Mignet, il F’iathe, il Bertolini, il Saffi, il Mario, il Gabussi, il Rusconi, il Finto, il La Farina, il Belviglierì, l’Anelli, il Cattaneo, il Vecchi, il Guerzoni, Biagio Miraglia da Strongoli, che lo paragona, con parola eloquente, al Mosò degl’Italiani nell’esodo dolorosissimo che essi dovettero percorrere per giungere a riconquistare un posto onorevole fra le nazioni europee, ma riferirò soltanto poche linee di uno scrittore francese molto imparziale ed onesto1, il giudizio di un grande sociologo italiano e quello di una quaderna di padri gesuiti i quali scrissero, a otto mani, una storia, che è una vera requisitoria contro la rivoluzione stessa.

«Nato a Genova nel 1808, Giuseppe Mazzini sembrò aver ricevuto di buon’ora dalla natura tulle le doti che seducono. Per una specie d’istinto egli le completò, anziché alterarle, come tanti altri. Pallido e grave, con la testa poeticamente incorniciata nei neri e abbondanti capelli, egli ostentava un atteggiamento severo, che non era smentito nè dalle sue parole, né dalla sua vita di una purezza inattaccabile. Sdegnoso di volgari piaceri, egli viveva solo, o con qualche amico, attratto dalla dolcezza e dall’accessibilità del suo carattere, dalla finezza e superiorità del suo spirito, dalla bellezza e dagli alti insegnamenti della sua conversazione. Attivo, laborioso, energico, ostinato, esso appariva a tutti quelli che lo avvicinavano uno di quegli uomini che escono dalla comune e che trasformano i loro amici e compagni in fanatici ammiratori. Sono i suoi avversari che hanno dipinto cosi Mazzini, e uno di essi

  1. F. I. Perrens (Deux ans de révolution en Italie, Paris, librairie de L. Hachette et Cie, 1857, § I, pag. 5 e 6). Egli, nell’Avant-propos, pag. v, scrive queste parole d’oro, il cui giustissimo concetto non tennero presente, come avrebbero dovuto, il Gualterio, il Farini o lo stesso Gioberti: «Au lieu de donner son opinion que personne ne demande, l’historien ne ferait-il pas mieux do fournir aux autres tous les éléments pour former la leur? C’est à quoi j’ai cru devoir me borner dans ce livre. À chacun sa tache: aux contemporains de racconter, à la postérité de juger.