Pagina:Collenuccio, Pandolfo – Compendio de le istorie del Regno di Napoli, 1929 – BEIC 1787614.djvu/180

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fatto per questo messer Roberto da Bari protoscriba del re Carlo e lesse la sentenza con tra li predetti nove prigioni, condannandoli tutti a la morte, eccetto don Enrico di Castiglia, il quale condannò a carcere perpetuo; e questo per osservare la fede data a lo abbate che lo prese, il qual volse promissione che di lui non ne faria vendetta di sangue. Li capi de la sentenza furono questi: per aver turbato la pace de la Chiesa, per avere assunto il nome falso di re di Napoli, per avere voluto occupare il regno di Napoli, per avere intentato la morte del re Carlo. Queste furono le cause principali de la condannazione sua lette ne la sentenza.

Data la sentenza, scrive un iurista napolitano di quelli tempi che a colui che pronunciò la sentenza Corradino disse: — Servo ribaldo, servo ribaldo, tu hai condannato il figliuolo del re, e non sai che un pari contra l’altro suo pari non ha imperio alcuno; — parlando in lingua latina. Poi negò mai avere voluto offendere la Chiesa, ma acquistare solamente il regno a lui debito che indebitamente li era negato; ma che sperava che la stirpe e casata di sua madre e li suoi todeschi e li duchi di Baviera suoi parenti non lasciariano la morte sua senza vendetta. E dette queste parole, trattosi un guanto di mano lo buttò verso il popolo quasi in segno d’investitura, dicendo che lasciava suo erede don Federico di Castiglia figliuolo di suo zio; e scrive Pio pontefice che quel guanto fu raccolto da un cavaliero e portato poi al re Piero di Aragona. Fatto questo, il primo a chi fu tagliata la testa fu il duca d’Austria. Corradino prese quella testa, che ancor poi che fu tronca due volte chiamò Maria, e baciolla teneramente e stringendosela al petto pianse la iniquitá de la fortuna sua, accusando se medesimo, che era stato cagione de la morte sua, avendolo tolto da la madre e menatolo con sé a cosi crudel sorte. Poi si pose inginocchione e levando le mani al cielo, dimandò perdonanza; e in quello il ministro di tale officio li tagliò la testa; e poi al conte Gerardo e ad Urnaiso. A quel ministro che tagliò la testa a Corradino un altro, apparecchiato per questo, tagliò subito la testa, acciò che mai