Pagina:Collenuccio, Pandolfo – Compendio de le istorie del Regno di Napoli, 1929 – BEIC 1787614.djvu/193

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di Fiandra riscotendosi per denari tornorono a Napoli, e il conte Guido di Monforte ritenuto in prigione si mori. 11 perché quelli di Catania disperati di soccorso, assediati da aragonesi, si rendetteno, salve le persone del conte di Avellino e compagni, che a Napoli in Italia tornorono. Per queste cagioni adunque la pace trattata da Odoardo si interruppe; poi essendo ridotte le cose prospere ad aragonesi, essendo creato giá pontefice Nicolò IV, continuando la pratica Odoardo in fine la concluse, ma con peggior condizioni assai che prima conclusa non saria. Imperocché Carlo li promise fare e curare che ’l conte di Valois rinunciaria a le ragioni del regno di Aragona avute da Martino IV e a sue spese operaria che ’l re Iacomo saria investito e coronato del regno di Sicilia; avendo termine tre anni a far queste cose, e non si facendo nel termine giurò di tornare nel medesimo loco prigione. E per osservazione di questo diede tre suoi figliuoli al re Iacomo per ostaggi, cioè Lodovico secondogenito, che fu poi vescovo di Tolosa canonizzato per santo, e Roberto terzogenito, il quale poi regnò a Napoli, e Giovanni principe de la Morea, il quale poi mori giovine: appresso questi tre figliuoli ostaggi, lasciò Carlo cinquanta cavalieri de li migliori de li suoi, e pagò trenta mila marche d’argento in carlini. Con queste condizioni infine liberato Carlo, essendo stato quattro anni in prigione, del 1288 in Francia se ne venne per operare che ’l conte di Valois renunziasse, la qual cosa non possette ottenere; il perché partito di Francia, accompagnato da dui squadroni di francesi sotto il governo di Amerigo di Nerbona, venne in Italia e per mezzo Lombardia venne a Fiorenza e di li volendo schivare Arezzo per rispetto de la parte ghibellina, facendo la via del Casentino andò a Poppi e di li per il giogo de l’Apennino a la Cittá di Castello e poi a Perosa, ove Nicolò IV pontefice si trovava. Ivi trattò la rinnovazione e confermazione del suo regno; il papa, o per errore o per malizia (ché l’uno e l’altro si scrive), lo intitolò re de Luna e l’altra Sicilia citra et ultra il Faro ne l’anno 1289: il che fatto, a Napoli se ne andette.