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136 rime volgari


     Non aspettar, ché ’l tempo se ne corre,
e prima tante fosse fa’ che facci,
quante son piantoline c’hai a porre.
     100Da l’una a l’altra, acciò che non s’impacci,
un cubito distante fa’ che sia,
e del letame in essa ancora cacci.
     Poi da la madre la vergella invia
cavar, sì destramente che le crine
105de la radice non le butti via;
     poi taglia o torci a modo pur d’uncine
quella radice dritta che va sotto,
alquanto prima lá verso la fine.
     Con diligenza poi la metti in sotto;
110calca il letame intorno col terreno,
che piú che prima un dito sia condotto.
     Poi subito l’orciol fa’ che sia pieno:
adacqua, e per la pianta che non scosse,
facci una canna appresso e non sia meno.
     115La terra intorno intorno a quelle fosse,
riducila et adatta in un bel vaso,
che ritenga l’umor quando vi fosse.
     Cura poi di roncarla e darli l’aso
di lieve zappatura e che si tempre
120d’acqua la state, e non ne sia disaso.
     Al settembre il letame si contempre
la perduta grassezza del passato,
e questo studio fa’ che li sia sempre.
     La terza primavera vedra’ alzato
125a dui cubiti il capo de la pianta,
se tal studio serà continuato.
     Allor, con qual terren di sopra canta
la rima mia, lavora e ben conduce,
e per la terza volta quel trapianta.
     130Non altra diligenza qui si adduce,
se non che di dui cubiti si scosti,
che l’una a l’altra non tolga la luce.