Pagina:Collenuccio, Pandolfo – Operette morali, Poesie latine e volgari, 1929 – BEIC 1788337.djvu/163

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Ioseph.   Eccomi, padre mio; quanto mi dura

la vita e forze mie, son presto e pronto:
comandami pur, padre, a la secura.
Iacob.   Va’ e vedi se stan bene, e sappi a ponto
se van le cose prospere per essi
e pel bestiame, e rendine bon conto.
     Tu ti parti d’Ebrón: fa’ che non cessi
per fino che in Sichém tu sii arrivato.
Va’ presto, e torna e fa’ come i bon messi.
Ioseph.   Il farò voluntieri, anzi mi è grato,
perché desidro di vederli anch’io,
si come a’ mei fratelli affezionato.
     Servirò insieme il mio col tuo desio:
anderò a casa a tòr mio bastoncello,
e per la porta del giardin m’invio.
Iacob.   Va’, che sii benedetto! Mai fratello
fu simile a costui verso li soi,
se ben è giovinetto e tenerello.
     Dio l’accompagni e riconduca a noi
salvo e securo, il che spero sera
et io contento restarò dappoi.
     Son certo che ’l cammin bono averá,
perché da qui in Sichém la via è si corta.
Lui che va voluntier, camminerá
     via di bon passo, e questo mi conforta
ch’el è destro e leggier di sua persona:
sera lá presto, il cor le gambe porta.
     Or vo’ veder qui in casa chi ragiona.

SCENA VI

Ioseph e Hiras.

Ioseph.   Mi par mill’anni i cari mei fratelli

poter trovare, e saper come stanno,
che voluntier mi vederanno anch’elli,