Pagina:Collenuccio, Pandolfo – Operette morali, Poesie latine e volgari, 1929 – BEIC 1788337.djvu/202

Da Wikisource.

SCENA VI

BeRONICA, SeSOSTRI, PUTIFARO.

Beronica.   Ov’è questo sfacciato traditore?

ov’è fuggito questo scelerato?
ov’è questo nemico al suo signore?
     Fòra, famigli, fòra: ov’èlio andato?
Ahimè, bon servi, non lo comportate,
che ’l signor vostro cosí sia trattato.
Sesostri.   Madonna, che cos’è? presto narrate.
Che caso è questo che v’è intravenuto?
Lassate fare a noi, non dubitate.
Beronica.   Tenere il duca in casa ha pur voluto
quell’omo ebreo per farci vituperio:
ora intendete mo quel ch’è accaduto.
     Venuto è per commetter adulterio
con me ne la mia camera, qui adesso;
ma in vano è stato il suo mal desiderio.
     Un gran grido per questo avendo io espresso,
lassò il mantel qual io tenea pur stretto:
lui per paura a fuggir poi si è messo.
Sesostri.   Va’ti fida d’un uom, mo, per l’aspetto!
Costui che parea un santo, ha presumito
di fare al patron nostro un tal difetto!
Beronica.   Ecco che vien Putifar mio marito,
che torna a casa. Io vo’ pur ch’elio intenda
come quel suo garzon l’ha ben servito!
     Marito mio, convien che ’l ver ti estenda:
quel servo ebreo, il qual tu hai condutto,
vedi qual merto a la tua fede renda!
     In camera mia sol s’era redutto
per svergognarmi, et io gridando forte,
come la voce alzai, si smarrí tutto.