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o di darmi fatica o dimandare:
comanda, ch’io starò a obedienza.
De’ carcerati piú non vo’ pigliare
alcuna cura: io vo’ che ’l sia tuo offizio,
ché questo e ogni altra cosa tu sai fare.
Ioseph. Questo non è, né fu mai mio esercizio:
poi che a te piace sia, mi sforzerò
far si che non ti torni in preiudizio:
s’io non ho industria, almen gran fede ho.
SCENA X
Assamberch solo.
di questo Ioseph giovin, ch’è in prigione,
qualunque volta di lui mi rammenta.
S’io avessi tanta iurisdizione,
giuro per Nilo e tutti i nostri dèi
(perché credo ch’el abbia ogni ragione)
che di prigione adesso il cavarei;
ma poi che la fortuna l’ha qui posto,
di lui m’aiuto a far li fatti mei.
Sopra tutti i pregioni io l’ho preposto,
e lui con tanta grazia fa l’offizio,
che mostra ad ogni cosa esser disposto.
Lui è prudente, lui di bon iudizio,
cortese, umano, e seria propriamente
il governo d’un regno il suo esercizio.
Guarda se l’è pietoso et è clemente,
ché i poveri infelici incarcerati
da lui trattati son si umanamente,
che refrigeri non li son negati,
di quelli che in tal lochi dar si ponno,
di lume, cibo, e spesso dislegati.